INVITO ALLA PREGHIERA: ADESIONE ALL’APPELLO DI PAPA FRANCESCO
Carissimi fratelli e sorelle nel ministero ordinato, cari fratelli e sorelle religiosi e consacrati, cari fratelli e sorelle che vivete la vostra fede cristiana nella nostra Inclusive Anglican Episcopal Church, su vostro mandato, oso unire la voce di questo nostro piccolo gregge a quella dei leaders delle diverse e ben più imponenti confessioni religiose, nell'esprimere totale dissenso per l'azione di guerra che si sta consumando sul suolo dell'amata terra di Ucraina. Scrivo per esprimere vicinanza e solidarietà alle vittime della guerra, per assicurare loro la nostra preghiera e ribadire la nostra convinta adesione all’invito del Vescovo di Roma, Papa Francesco, ad osservare un giorno di preghiera e digiuno per la pace il prossimo 2 marzo, mercoledì delle ceneri. Sempre siamo stati convinti della inutilità dell'azione bellica quale mezzo di risoluzione delle controversie tra le Nazioni. Negli ultimi anni, tuttavia, abbiamo assistito ad un nuovo assetto degli equilibri nelle relazioni internazionali che hanno portato all’accensione di diversi focolai di conflitto e alla degenerazione violenta di altri in varie parti del mondo. Sembra che la diplomazia, questa preziosa risorsa per la mediazione e la negoziazione, utile al fine di stipulare accordi e trattati fra gli Stati e scamparci dalle guerre, sia diventata totalmente impotente. La pandemia, in questi due anni, ha sfiancato le nostre economie, è stata foriera di notevoli danni sociali e ha sparso una coltre di paura e pessimismo, quasi di fatalismo, nelle nostre vite e nella nostra società. La guerra che si combatte proprio vicino a noi, ha accentuato questo stato di angoscia e pessimismo per il futuro. Questa guerra ci spaventa particolarmente: ci fanno paura le conseguenze strettamente economiche che ulteriormente - come se la pandemia non fosse stata abbastanza - rischiano di impoverirci ancor di più, indebolendo il nostro già fragile tessuto sociale; forse, ci spaventa anche la prospettiva di una partecipazione attiva della nostra Italia a questo terribile evento, certamente però ci sgomenta il fatto che, ancora oggi, proprio nella nostra Europa, si consumi una guerra fratricida. Ci terrorizza l'idea e l’ostentazione della violenza, dell’odio raccapricciante, di questo inflessibile rifiuto del dialogo e della mediazione, fattori che che portano inevitabilmente ad una soluzione violenta. Certamente, tutti e tutte noi riconosciamo queste caratteristiche come potenziali micce del conflitto. Al di là delle considerazioni geopolitiche che non spettano certo ad una Vescova, vorrei che ci soffermassimo sulla mentalità, sulla cultura, sulle convinzioni e sulle azioni che innescano, favoriscono e incoraggiano il dissolvimento delle controversie in violenza. Spesso, ciò che accade su scala internazionale, possiamo sperimentarlo in piccolo nelle nostre vite quotidiane, nelle nostre relazioni.
QUOTIDIANITA’: SPECCHIO DELLE DINAMICHE DEL CONFLITTO
Vi prego, guardiamo con onestà alla nostra vita quotidiana, esaminando onestamente noi stessi\e, così come la Scrittura ci esorta a fare (1Cor 11,28; Gal 6,4).
Quante volte la nostra arroganza, la convinzione di essere migliori dell'altro, di essere legittimati ad imporre la nostra volontà, oppure il timore, fondato o meno, che l'altro possa derubarci di qualcosa che riteniamo appartenerci per chissà quale diritto, fa sì che nelle nostre vite, nelle comunità (ecclesiali, di lavoro, ecc.), si inneschino piccole-grandi guerre fratricide? Quante volte, rifiutiamo il dialogo o, semplicemente, l'ascolto delle ragioni altrui? Quante volte abbiamo rifiutato di negoziare con l'altro, esplicitamente o implicitamente, un rapporto di buona convivenza o, meramente, di non belligeranza? E lo abbiamo rifiutato, spesso, non solo perché credevamo di avere ragione ma perché pensavamo di essere forti abbastanza – pensando forse di poter approfittare della debolezza altrui - da vincere una “guerra” che già avevamo perso nel nel nostro cuore: non ci siamo accorti che, per il fatto stesso di esserci armati per distruggere il nostro fratello o la nostra sorella, la "buona battaglia" (I Tim 1,18) come cristiane/i l'abbiamo totalmente persa e, spesso, persa anche sul piano strettamente umano e, spesso, agiamo come il sovrano stolto di cui ci narra Gesù il quale “partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila …. Seno, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda un'ambasceria per la pace” (Lc 14, 31-32) . Anche noi abbiamo risolto o pensato di poter risolvere i contrasti con la prepotenza, contando sulle nostre (vere o presunte) forze piuttosto che attraverso il dialogo paziente e la mediazione. Come potete comprendere, su diversa scale, le medesime dinamiche sono presenti nella stragrande maggioranza dei contrasti umani. Un altro aspetto che, una volta innescato il conflitto, alimenta la violenza è la demonizzazione dell’altro, di colui\colei che è percepito come “nemico”. E’ la chiusura totale del cuore e la fuga dalla realtà al fine di giustificare le nostre inique azioni come necessarie ed inevitabili, far apparire – dinanzi ai nostri occhi e, soprattutto dinanzi allo sguardo di chi ci sta intorno - il male che facciamo al nostro fratello e alla nostra sorella come azioni finalizzate al bene, ingannando, spesso deliberatamente, noi stessi\e e gli altri.
LA PACE COME HABITUS DELLA QUOTIDIANITA’ : ESSERE, OPERARE E VIVERE
In questo tempo santo di Quaresima sento, perciò che l’impegno che è richiesto a noi da Colui che ha affermato di averci inviato nel mondo “come agnelli in mezzo ai lupi” (Lc 10,3), è ESSERE in Pace in noi, con noi, tra noi e col mondo che ci circonda; OPERARE per la Pace in tutti i luoghi nei quali il Signore ci chiama ad essere (sul lavoro, a scuola, nella nostra comunità ecclesiale o sportiva, eccetera) e, infine, VIVERE e godere la Pace, condividendola con coloro che ci circondano. Vorrei dare delle indicazioni concrete per essere, operare e vivere la Pace. La dimensione dell’ESSERE è legata alla nostra identità più profonda ma sappiamo che molti fattori esterni concorrono a strutturare la nostra identità. Pertanto, il nostro primo passo dovrebbe essere quello di riappropriarci del nostro valore, divenire consapevoli di chi siamo per il nostro Dio. Come possiamo fare ciò? Attraverso un ascolto continuo, costante ed attento delle Scritture, rileggendo e riascoltando, facendoli echeggiare nel nostro cuore, le parole d’amore che il Signore rivolge a noi, come queste (Is, 43,2-4): “Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni.
Se dovrai attraversare le acque, sarò con te, i fiumi non ti sommergeranno; se dovrai passare in mezzo al fuoco, non ti scotterai,
la fiamma non ti potrà bruciare; poiché io sono il Signore tuo Dio,
il Santo di Israele, il tuo salvatore.
(...) tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo...
Non temere, perché io sono con te”, ricordando e meditando – ogni singolo giorno di questo percorso quaresimale – sui numerosissimi passi biblici che ci ricordano la nostra inalienabile dignità di figli e figlie, liberati non a prezzo di cose corruttibili, come l'argento e l'oro ma attraverso il sangue prezioso di Cristo (I Pt 1, 18-19). Occorre misurare il nostro valore sulla base di ciò che il Signore dice di noi, non sui criteri di una società assuefatta a modelli di vita e comportamento piuttosto discutibili. Scrive un autore anonimo: “Se insisti nel confrontarti con gli altri rischi di diventare borioso e amaro, perché sempre esisteranno individui migliori e peggiori di te” e, ancora, Richard Daly ci ricorda che “la pace è accettare se stessi come si è. Quando il Signore scolpisce il tuo carattere, ci lavora per tutta la vita”. OPERARE per la Pace. E’ più facile essere operatori di pace se si è in pace, tuttavia, posso offrire dei suggerimenti concreti per essere operatori e operatrici di pace nei nostri ambienti di vita e limitare l’insorgere o l’aggravarsi di conflitti già esistenti: - evitare e scoraggiare, in ogni modo lecito e rispettoso, la maldicenza e il pettegolezzo. Non solo astenersi ma sottrarsi fisicamente, chiudendo le proprie orecchie; - essere assertivi\e ossia esprimere apertamente e con rispetto le proprie critiche o perplessità all’altro\a ed incoraggiare gli altri ad agire nel medesimo modo, incrementando in tal modo un clima di dialogo aperto; - sentire il proprio impegno per la pace, offrire noi stessi\e come mediatori nei conflitti che attraversano le strade della nostra vita; - imparare a ricominciare sempre, offrendo il nostro perdono e chiedendolo umilmente al fratello o alla sorella. E’ necessario, tuttavia, essere realisti e riconoscere che non sempre è possibile risolvere i conflitti, a causa di tanti fattori: la durezza dei cuori, condizioni ambientali e culturali o altri aspetti contingenti. In tal caso, cercare la giustizia piuttosto che la vendetta e lasciar andare….consapevoli che, purtroppo, al principe di questo mondo è stato concesso di vincere qualche battaglia… Infine, VIVERE la Pace è il risultato di un lungo, costante e tenace allenamento (non esente da cadute), del vivere la pace e dell’operare per la pace. Possiamo così essere testimonianza viva nel mondo e per il mondo. Pertanto, penso che il nostro maggiore contributo alla pace nel mondo consista, intanto, nell'avere pace in noi, fra noi, nelle nostre famiglie, nel piccolo ambiente in cui viviamo ed operiamo e nell’ adoperarci sempre per il dialogo, per la conoscenza reciproca e per la giustizia, in mancanza della quale davvero è impossibile la pace. Lo stesso Signore Gesù chiama beati coloro che si adoperano per la pace. Voglio concludere questa mia lettera, ripetendo insieme la preghiera attribuita al Poverello di Assisi, che vi invito a pregare in ogni occasione comunitaria di questa Quaresima, chiedendo al Signore di essere anche noi – come singoli\e e come corpo ecclesiale – utili strumenti di pace nelle mani di Dio. In questo, nella Comunione dei Santi, sentiamo accanto a noi la Santa Madre di Dio e tutti i fratelli e le sorelle che, eroicamente, hanno bevuto al medesimo calice del Signore Gesù ed ora invocano con noi la Pace dinanzi al trono dell’Altissimo, nella Santa Gerusalemme del Cielo. Buon cammino quaresimale a tutti e a tutte voi, carissimi e amati fratelli e sorelle e grazie per aver letto questo mio messaggio. O Signore, fa di me uno strumento della tua pace: dove è odio, fa ch'io porti amore,
dove è offesa, ch'io porti il perdono,
dov'è discordia ch'io porti l'Unione, dov'è dubbio fa' ch'io porti la Fede,
dove è l'errore, ch'io porti la Verità,
dove è la disperazione, ch'io porti la speranza.
Dove è tristezza, ch'io porti la gioia,
dove sono le tenebre, ch'io porti la luce.
Oh! Maestro, fa che io non cerchi tanto.
Ad essere compreso, quanto a comprendere.
Ad essere amato, quanto ad amare
Poiché:
è dando, che si riceve, perdonando che si è perdonati;
morendo che si risuscita a Vita Eterna. Amen.
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