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Immagine del redattoreMadre Maria Vittoria Longhitano

Meditazione di Madre Daniela della Diaconia "S. Maria di Magdala" in Bresso


Festa di #Ognissanti. Ma io voglio commentare le letture del 31 ottobre, che introducono la liturgia odierna. Vi si trova ancora la figura dell'#eunuco, l'"albero secco" cui è promessa una discendenza più preziosa di figli e figlie. Non una figliolanza a tutti i costi. Qualcosa di diverso. In una cultura come quella mediorientale, non avere prole era (ed è) considerata una vera e propria maledizione. E un marchio: la santità è accessibile a senso unico. La santità dell'eunuco invece tiene conto della sua storia mutilata, a ricordare che ognuno è manchevole ma gradito a Dio partendo dalla sua specifica concretezza. Nemmeno gli stranieri sono più ex-tranei, se è vero che "chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, chi non crederà sarà condannato....". Non si precisa il battesimo nel secondo caso, qualcuno osserva che lo si dà per scontato, ma noi preferiamo porre l'accento sul credere: sulla fede fattiva, a volte inconsapevole. Da cristiani, ci siamo resi conto tante volte che lo Spirito soffia dove vuole, oltre noi e le nostre liturgie, in popoli diversi, impensati. Dio è un ospite inatteso. La lettura evangelica rimanda al tristissimo dipinto di #Migneco, "Gli ospiti non vengono più". Nel suo blu deforme sottolinea la solitudine dell'uomo, il suo sfarsi nel vuoto e nel silenzio. Nell'uomo maturo seduto a una tavola inutilmente imbandita c'è l'abbandono degli amici, anche con motivazioni all'apparenza ragionevoli: il lavoro, gli affari, la famiglia. Ma su tutto aleggia l'egoismo, l'illusione di bastare a sé stessi, la distrazione, la noia. Quelli su cui contavamo si sono allontanati. #Gesù stesso ha provato quest'abbandono. I suoi amici, i santi d'elezione, si erano dileguati. Gli era rimasta la compagnia inaspettata d'un ladro, oltre che di alcune donne e un ragazzo, non-persone cui nessuno badava. Sono questi i nuovi santi, che spuntano come fiori selvatici, d'una bellezza agra, mani arcanamente tese, stupefazioni che pescano, con ami dorati, nel nostro dolore.

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