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Immagine del redattoreMadre Maria Vittoria Longhitano

Meditazione della nostra diacona Madre Daniela, della comunità di Bresso (MI)

La nostra Diaconìa che ha sede in Bresso, segue il calendario ambrosiano ed hanno celebrato oggi la prima.Domenica di Avvento. Cogliamo l'occasione per augurare un fecondo tempo di Avvento ai nostri fratelli e sorelle di rito ambrosiano e proponiamo la meditazione della nostra cara madre Daniela.

Liturgia del 14/11/2021 - I Domenica di Avvento ambrosiano - anno C (Is 13, 4-11; Sal 67; Ef 5, 1-11a; Lc 21, 5-28)

Quando si parla di "atmosfera natalizia" ci vengono in mente immagini tenere, non di rado edulcorate e sentimentali. Le letture di oggi - ma anche quelle dei giorni precedenti, tratte dall'Apocalisse - le cancellano in modo deciso, per non dire brutale. Isaia descrive un drammatico episodio bellico, la devastazione di Babilonia da parte del persiano Ciro, o meglio la interpreta teologicamente: non una semplice guerra ma la punizione del Signore su una potenza dispotica e idolatra. Il riferimento agli eserciti vittoriosi, che prima di combattere compivano riti di astinenza sessuale, spiega l'insistenza sulla condotta degenerata del nemico. Questo Dio "giustiziere" in realtà non è uno Zeus saettante, e lo vediamo nel salmo, dove è definito "padre degli orfani e difensore delle vedove", che "libera i prigionieri". La potenza di Dio si manifesta dunque nel suo farsi prossimo - farsi uno - con coloro che persino le persone pie considerano scarti dell'umanità; la supplica alla re-surrezione di Dio è il grido di chi si sente abbandonato, non-amato, senza giustizia, e la giustizia unita all'amore è solo di Dio, come ricorda Rav Jonathan Sacks, poiché l'amore è parziale, la giustizia universale. Siamo pertanto di fronte a letture del genere "apocalittico" (Apocalisse significa "rivelazione") come dimostrano pure la lettera agli Efesini e lo stesso Vangelo. Paolo si rivolge a una comunità ex-pagana in precedenza dedita a culti idolatrici sottolineandone due, su cui torneremo: l'avarizia, o cupidigia, e la prostituzione. E' straordinariamente attuale il riferimento al linguaggio. "Le parole sono importanti", esclamava un nostro famoso regista, "La bocca parla dalla pienezza del cuore", leggiamo in Matteo. Oggi più che mai, chi parla male, pensa male. A maggior ragione quando i vocaboli sono abusati, sfibrati e, diremmo, demotivati, privati della loro forza vivificante. Quanto viene "scialacquata" la parola amore, attribuendole significati, o piuttosto sfumature e ambiguità, che non hanno alcun legame con essa, e talvolta ne sono pure l'opposto! La sobrietà del linguaggio è un'altra forma di sincerità e, in ultima analisi, di giustizia. Il Vangelo di Luca è stato composto intorno al 70 d.C., l'anno più drammatico per l'antico Israele. Il Tempio viene distrutto dall'esercito di Tito, il popolo disperso. Tutto sembra perduto. All'approssimarsi della morte, Gesù ricorda però che non è con quest'ultima che termina il viaggio umano. Nel momento in cui è muto, nel momento in cui non resta pietra su pietra, nemmeno delle opere più ispirate, che si credevano eterne, nel solco del nulla, Dio c'è. In queste pieghe dell'umanità annientata, nel non-senso, ciò che esisteva prima scompare, compresa la creazione; ma seguiranno "cieli nuovi e terra nuova". Di fronte alla violenza del potente, il povero si sente abbandonato. Recita il salmo 14: "Sono corrotti, fanno cose abominevoli. Nessuno più agisce bene. Voi volete umiliare le speranze del povero, ma il Signore è il suo rifugio". Infatti: "Lo stolto pensa: Dio non c'è". La tentazione di credersi accantonati, o addirittura di essere frutti del cieco caso, è la peggiore cui viene sottoposto il povero oppresso. Ma Dio ricreerà un mondo migliore. Un mondo senza cupidigia e prostituzione. Esattamente una settimana fa si suicidava Adelina, vittima di tratta, che dopo aver denunciato i suoi aguzzini ed essersi ammalata di cancro non aveva ottenuto protezione né giustizia da quello Stato in cui credeva. Adelina si batteva indefessamente contro chi, in nome di una malintesa libertà di scelta, vuole legalizzare lo sfruttamento della prostituzione. "Non è sex work, non è un lavoro come un altro, è schiavitù". Le fa eco Rachel Moran con la sua definizione "stupro a pagamento". Prostituzione e avidità (cupidigia) sono necessariamente legate perché la prima si fonda sulla reificazione dei corpi (tempio di Dio dice San Paolo) a scopo di lucro. L'idolatria del denaro monetizza tutto, tutto diventa fonte di guadagno, tutto diventa consumo - i frequentatori delle prostitute si chiamano "clienti" -, tutto si può comprare, compresi i figli: la pratica dell'utero in affitto, tornata alle cronache in questi giorni per l'orribile vicenda della bimba ucraina "commissionata" e poi rifiutata da una coppia italiana - ne è un altro, agghiacciante esempio. Le morti sul lavoro, o la perdita di occupazione per il trasferimento delle aziende in località remote, con minori tutele per gli operai e maggiori incassi per i titolari, rappresentano ulteriori conseguenze di questa reificazione dell'umano. E non è ozioso ricordare che non corrispondere la giusta mercede all'operaio è uno dei quattro "peccati che gridano al cielo" (dal Catechismo di Pio X). Non crediamo che i severi moniti biblici appartengano esclusivamente a un linguaggio simbolico, tuttavia accogliamo con gratitudine le profetiche parole di don Walter Magni che, commentando i brani di questa domenica, esorta a non cadere nella tentazione di rinchiudersi in una rigida ortoprassi. In questi testi non v'è alcuna nostalgia del passato, bensì un invito a saper decifrare i nuovi segni dei tempi, e convertirsi a un nuovo annuncio del Vangelo di amore e giustizia. L'Apocalisse, teniamolo a mente, non si conclude tra i fragori del tuono, ma in una cena tra amici, quando Dio si siederà al nostro desco in una pausa del meriggio, e ci troveremo già altrove.

© Daniela Tuscano



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