Il nostro appello per la Pace, espresso dalle appassionate parole di madre Daniela
- Madre Maria Vittoria Longhitano
- 5 mag
- Tempo di lettura: 2 min
Ora più che mai, il mondo grida: pace e giustizia.
Ora più che mai questo grido, il grido dei popoli e della Terra, viene ignorato, deriso, calpestato da una cultura di morte che ha restituito alla parola «guerra» diritto di cittadinanza.
Di nuovo, come un secolo fa, udiamo appelli al riarmo per «garantire la pace».
Eppure il Risorto è venuto per trasformare le spade in vomeri e le lance in falci (Is 2, 4), rovesciando i potenti dai troni e innalzando gli umili (Lc 1, 52). Non esiste infatti pace senza giustizia (Sal 85) e la giustizia si ottiene soltanto eliminando le strutture di peccato che opprimono uomini e donne nel pianeta: impoverimento, carestie, predazione economica ed ecologica, caporalato, migrazioni coatte, vari tipi di reificazione e schiavizzazione di interi gruppi umani, non esclusi i bambini/e, mancanza di assistenza sanitaria, abbandono degli anziani e dei disabili, privazione dei più elementari diritti umani e sociali, dall'istruzione al rispetto delle donne.
Non si tratta di calamità, ma di fenomeni causati dall'uomo che creano condizioni di prevaricazione e violenza e di cui si nutre la malapianta della guerra.
Facciamo nostre le parole che il vescovo di Roma Francesco, di v.m., ha pronunciato lo scorso 20 aprile nel messaggio pasquale Urbi et Orbi:
«La pace è possibile! Dal Santo Sepolcro, Chiesa della Risurrezione, dove quest’anno la Pasqua è celebrata nello stesso giorno da cattolici e ortodossi, s’irradi la luce della pace su tutta la Terra Santa e sul mondo intero», pensando soprattutto «alle sofferenze dei cristiani in Palestina e in Israele, così come a tutto il popolo israeliano e a tutto il popolo palestinese».
Come Francesco, siamo preoccupati dal «crescente clima di antisemitismo che si va diffondendo in tutto il mondo», ma anche dal dolore della «popolazione e in modo particolare della comunità cristiana di Gaza». Assieme a Francesco, esigiamo tacciano le armi, «si liberino gli ostaggi e si presti aiuto alla gente, che ha fame e che aspira ad un futuro di pace».
Ricordiamo egualmente le comunità cristiane in Libano e in Siria, lo Yemen stremato da un conflitto ultradecennale, l'Ucraina devastata nella quale i bombardamenti non hanno taciuto nemmeno durante la Domenica delle Palme, il Caucaso Meridionale, l'Armenia, l'Azerbaigian, il Myanmar i Balcani occidentali e tante parti dell'Africa - dalla R. D. del Congo al Sudan e Sud Sudan, dal Sahel ai Grandi Laghi al Corno d'Africa - ove a crudeltà inenarrabili si aggiunge una persecuzione anticristiana che colpisce specialmente le donne.
E non dimentichiamo, a tal proposito, i patimenti delle donne afghane depredate dei più elementari diritti umani, le lotte e il sacrificio della società civile iraniana e di quella turca.
La Resurrezione non riguarda una specifica religione, ma abbraccia l'anelito dell'intera umanità per una vita «più vita», una vita ricreata secondo la dignità che le spetta.
Catania, 4 maggio 2025,
III domenica di Pasqua
Memoria di S. Silvano di Gaza, vescovo e martire

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