Dove ognuno è QUALCUNO da amare.
DIOCESI D'ITALIA DELLA ANGLICAN FREE COMMUNION INTERNATIONAL
Membro del CONSIGLIO MONDIALE DELLE CHIESE CRISTIANE
05 - (16/11/2021) - Lettera pastorale della nostra Vescova Primate in preparazione dell'Avvento
«Avvento: la dolcezza dell’attesa. Parole di speranza Suggerimenti per vivere il tempo santo dell'Avvento»
IL SIGNIFICATO DELL'AVVENTO
Care sorelle cari fratelli nel ministero ordinato,
cari fratelli e sorelle che avete scelto di vivere la vostra vocazione religiosa e la vostra chiamata ad essere pietre vive dell’edificio santo di Dio nella nostra Inclusive Anglican Episcopal Church (Diocesi italiana dell’Anglican Free Communion International),
la nostra Diaconìa che scandisce i tempi liturgici secondo il calendario ambrosiano ed i fratelli e sorelle della nostra Fraternità Celtica, hanno appena iniziato la grande attesa della nascita del Signore Gesù mentre tutto il resto delle nostre Comunità attendono di vivere la prima domenica di Avvento il 28 novembre.
Le giornate fredde, le strade immalinconite dalla foschia, i nostri marciapiedi ornati delle foglie scappate dagli alberi spogli, sembrano annunciare ai nostri cuori che anche la natura è sospesa nell'attesa di qualcosa che ci restituirà il tepore della gioia.
Come scriveva Edith Stein (Santa Teresa Benedetta della Croce): “ Quando i giorni diventano via via più corti, quando, nel corso di un inverno normale cadono i primi fiocchi di neve, timidi e sommessi si fanno strada i primi pensieri del Natale. Questa semplice parola emana un fascino misterioso, cui ben difficilmente un cuore può sottrarsi. Anche coloro che professano un’altra fede e i non credenti, cui l’antico racconto del Bambino di Betlemme non dice alcunché, preparano la festa e cercano di irradiare qua e là un raggio di gioia. Già settimane e mesi prima un caldo flusso di amore inonda tutta la terra. Una festa dell’amore e della gioia, questa è la stella verso cui tutti accorrono nei primi mesi invernali”.
L'Avvento è il periodo che nella liturgia cristiana precede il Natale e segna l'inizio di un nuovo anno liturgico. La parola “avvento” deriva dal latino "adventus" e significa venuta ed indica il tempo nel quale ci prepariamo al Natale. In questo periodo tutta l’attività della Chiesa è volta a preparare, nella riflessione e nell'accoglienza, la venuta del Signore: sia la prima venuta di Dio che si incarna nel seno di una donna e si fa essere umano che il ritorno definitivo di Cristo, il Suo ritorno nella gloria: le letture, le preghiere, i simboli della Liturgia ci orientano verso questo tema di fondo che può essere sintetizzato così: il Signore è venuto, il Signore viene, il Signore verrà. In modo speciale in questo tempo santo siamo chiamati a riconoscere i segni della presenza nascosta del Cristo nel tessuto della vita quotidiana, con lo sguardo sempre rivolto alla venuta ultima e definitiva di Gesù. Questo pienamente esprime la Liturgia che divide l'Avvento in due periodi: inizialmente si guarda all'Avvento futuro del Cristo nella gloria alla fine dei tempi, occasione di penitenza; dal 17 dicembre la liturgia pone invece l'attenzione sull'Avvento di Cristo nella pienezza dei tempi, con la sua Incarnazione.
FAR GERMINARE LA SPERANZA ...
Pochè’ Avvento sopraggiunge ogni anno ed apre l’anno liturgico, istintivamente, pensiamo ad una ripetizione, ad una replica: ma non è la replica di una storia già conosciuta, di cui abbiamo ben chiaro il finale. Parlando di ciò, Mgr. Vincenzo Paglia ribadiva: "Siamo a tal punto analfabeti di Dio da aver bisogno di tornare alla Sua scuola. Tutti!". Stare con il Signore non ha nulla a che fare con la monotonia, con la routine. È qualcosa di imprevedibile ed interessante, gridare con le Scritture che “Cristo è uguale, ieri oggi e sempre”, non significa affatto che con Gesù ci si annoia! Tutte le storie d’Amore hanno fasi e momenti importanti! Il momento di questa storia d’Amore con Dio che ci è chiesto di vivere ed assaporare nell’Avvento è l’attesa.
Gesù stesso esorta: “Vigilate, non sapete quando il padrone di casa ritornerà”. Tutta la nostra vita è un’attesa. Viviamo sempre aspettando qualche evento, qualcosa che deve avvenire: un avanzamento di carriera, la sistemazione dei figli, ma anche piccoli eventi di portata quotidiana: la visita di una vecchia amica, il compleanno del nostro nipotino, ecc. e così viviamo ed andiamo avanti immersi nella quotidianità!
Se smettessimo di aspettare cioè di SPERARE allora inizieremmo un po’ a morire. Quando, abbattuti, pensiamo convintamente che nulla di bello, di gioioso, di pregnante e di profondo possa accadere nella nostra vita, abbiamo finito di vivere perché se noi depositiamo questi detriti di pessimismo nella profondità del nostro cuore, che nulla di bello, di gioioso, di pregnante e di profondo possa accadere nella nostra vita …. dobbiamo stare assolutamente certi che non accadrà. Perché, in tal modo, avremmo chiuso il nostro cuore all’amore, avremmo smesso di attendere ed i nostri occhi non sarebbero più capaci di scorgere il bene che c’è dentro di noi e attorno a noi.
Credo che questo sia il maggiore problema dei giorni nostri: molti hanno smesso di sperare!
ALIMENTARE LA SPERANZA
L’Avvento è un periodo in cui l’Amore di Dio – attraverso i forti richiami della Liturgia – ci educa alla Speranza! E’ un momento in cui siamo chiamati a riconoscere i segni della presenza nascosta del Cristo nel tessuto della vita quotidiana, con lo sguardo rivolto alla venuta ultima e definitiva di Gesù. Cosa significa questo? E’ vero che noi non possiamo accontentarci del mondo nel quale viviamo. Vorremmo un mondo senza divisioni, un mondo dove nessuno abbia l’ansia del lavoro da mantenere, un mondo senza violenza e terrorismo, dove ci sia la possibilità di autentico dialogo ed incontro con tutti a prescindere dalla cultura e dalla religione, un mondo privo di rancori, vendette e pregiudizi: ebbene anche Dio sogna tutto questo per le sue creature! E proprio a questo scopo ci ha donato Suo Figlio: per aiutarci a realizzare tutto questo!
Noi siamo chiamati, con la nostra vita, con la qualità delle nostre relazioni, a precorrere questo mondo che sarà instaurato con il ritorno del Signore in un duplice senso:
• anzitutto ad avere occhi aperti per cogliere il bene che c’è attorno a noi, a non indurire i nostri cuori. Accogliere l’invito a vegliare significa aprire le orecchie e ascoltare bene attorno per scoprire che anche in mezzo ai tanti rumori della vita frenetica, anche in mezzo alle urla dei litigi o alla retorica del mondo dei potenti, ci sono piccoli segnali del mondo nuovo di Dio, significa riuscire a scorgere quella piccola misura di lievito in grado di far fermentare la pasta.
Vegliamo - non solo per noi ma anche per chi ci sta accanto - perché non cadiamo nel sonno della depressione spirituale e nell’intorpidimento del fatalismo che ci portano a pensare che in fondo il mondo sarà sempre lo stesso e che non c’è nulla da fare contro il Male e che…. Dio c’è ma rimane lontano, quasi indifferente, come una divinità pagana che bisogna propiziarsi. Ascoltiamo i piccoli sussurri del Bene che nel mondo c’è già. Dio è venuto nel mondo senza clamori, non in mondovisione, ma in una culla di paglia, con la dolcezza e la fragilità di un neonato.
• Dunque, oltre ad avere occhi e cuore aperti per cogliere il Bene che già abita la nostra realtà, come precursori di questo Bene dobbiamo darci da fare per diffonderlo attorno a noi, per portarlo agli altri, sia con il nostro esempio di vita che attraverso parole ed azioni concrete. Significa che nel nostro ambiente di lavoro, in famiglia noi dobbiamo riuscire a manifestare l’amore che abbiamo dentro, nei conflitti dobbiamo portare la pace, nei rancori portare il perdono, in ogni contrasto sempre e comunque il dialogo.
Cosa può aiutarci a vivere in questa predisposizione interiore cioè a cogliere il Bene ed esserne testimoni?
In questo tempo di Avvento la Chiesa ci offre, fondamentalmente, tre “strumenti”:
• la Liturgia e la Parola di Dio;
• i Sacramenti;
• i segni concreti;
1. Anzitutto, in modo speciale, la S. Messa che per alcuni può essere la parte più impegnativa perché implica la nostra presenza in chiesa in determinati giorni ed orari. Ogni domenica la Parola di Dio ci prende per mano, e ci introduce dentro il mistero di Cristo, per renderci partecipi della sua stessa vita. Con il tempo liturgico riceviamo il grande dono di divenire contemporanei di Gesù. È questa la “forza” delle domeniche, che faceva esclamare ai primi cristiani: “Per noi è impossibile vivere senza la domenica!”.
E fin dagli esordi della Chiesa, questo tempo Santo ha avuto il ruolo di preparare il cuore dei fedeli ad accogliere il Signore. Per quasi mille anni, infatti, le comunità cristiane, sia d’Oriente che d’Occidente, hanno vissuto i quaranta giorni prima del Natale digiunando e pregando nell’attesa della nascita di Gesù anche se oggi sono stati accorciati i giorni (solo quattro settimane di preparazione) e abolito il digiuno, non meno sentita è l’attesa di questa venuta, che da circa duemila anni ricordiamo.
Nella Santa Liturgia la Parola si fa pane: possiamo ricevere un aiuto concreto, un pane di coraggio e di amore che è l’Eucarestia.
Ma c’è un altro aspetto importante: oltre alla condivisione della Parola di Dio ed al commento che si può ricevere dal celebrante, l’essere qui riuniti – INSIEME – ci fa popolo di Dio! Fra qualche giorno leggeremo nel profeta Isaia che “il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce…”: il popolo, non già la singola persona; partecipare alla Liturgia, attingendo dalla medesima Mensa della Parola e dell'Eucarestia, ci fa essere popolo in attesa, fa in modo che possiamo camminare insieme, dialogare, scambiare le nostre esperienze e manifestare fra noi quell’amore che abbiamo ricevuto in Cristo.
2. I Sacramenti sono segni tangibili dell'Amore di Dio per noi. Anzitutto, come sottolineavo sopra, l'Eucarestia: non possiamo esimerci, in questo tempo santo di attesa, dal ricordare che il Verbo si fece carne per abitare i mezzo a noi e Pane e Vino per saziare di senso le nostre vite. Infine, il Sacramento della Confessione o Riconciliazione, che rievoca, anche a livello emotivo e simbolico, l'evento stupefacente della nascita di Gesù. Lasciamoci accogliere tra le braccia di Dio, Padre e Madre, sentendoci accolti proprio come Maria che, nel buio di una notte punteggiata dalla cometa della fede, accolse il neonato Gesù: uno sguardo d'amore, di dedizione, di tenerezza si posò sul Piccolino. E così si posa su di noi lo sguardo dell'Amato, balsamo sui nostri peccati, sui nostri limiti, sui nostri sensi di colpa e lasciamoci cullare, tranquilli e fiduciosi, “come un bimbo svezzato in braccio a sua madre”. Prendete, vi prego, visione della disponibilità dei vostri pastori e pastore, in questo periodo, ad amministrare questo Sacramento ed approfittate di questo momento di Grazia.
Infine, servirci dei segni che la società dei consumi e del marketing ci offre, andando alle radici: che le mille luci che addobbano vetrine, negozi e centri commerciali delle nostre città, possano diventare occasioni per ricordare l'attesa del Cristo-Luce; che la frenesia dello shopping dei doni natalizi possa ricordare a noi che la radice di questa pratica è il rievocare il Dono di Dio per antonomasia all'umanità: Gesù, l’Unigenito di Dio.
3. Infine, come segno concreto, la Corona dell’Avvento. E’ un piccolo segno che ci aiuta ad impegnarsi nella preghiera e nella memoria costante di questa dolce attesa. Troverete sul web o nelle librerie diversi sussidi contenenti piccole Liturgie di accensione delle quattro candele, con i relativi significati che la Tradizione attribuisce ad ogni candela. Naturalmente, ogni domenica va accesa una candela, meglio se dal membro più piccolo della famiglia ed attorno alle candele accese – in famiglia – si legge la breve lettura riportata e si prega insieme. Anche questo ci aiuta ad entrare nel ritmo dell’attesa ed a scandirne i singoli momenti: la prima candela è la candela del profeta o candela della speranza; la seconda candela è la candela di Betlemme, ossia è la candela della chiamata universale alla salvezza; la terza candela è la candela dei pastori o candela della gioia; la quarta candela è la candela degli Angeli o candela dell’Amore. Tutto ciò ci consente di meditare ogni settimana un aspetto di questa attesa in modo da essere capaci di vegliare ed accogliere Gesù che viene – nella fragilità di un bimbo o nella Gloria – così come il nostro Dio, che è Madre e Padre, ci chiede.
Anche noi portiamo dentro i nostri cuori questo embrione di rinascita, come Maria portava il il Figlio nel grembo. Nella Comunione dei Santi, possiamo sentirla vicina ed esclamare, con S.Elisabetta della Trinità: “Madre del Verbo, dimmi il tuo mistero dell’Incarnazione del Signore, come sulla terra passasti tutta in adorazione. In una ineffabile pace, in un silenzio misterioso, penetrasti l’insondabile portando in te il dono di Dio. Custodiscimi sempre in un divino abbraccio”.
Vieni, Signore Gesù! Buon Avvento a tutti\e voi.
Nell’Amore del Dio che viene,
Madre ++ M. Vittoria
Longhitano, Primate della Inclusive Anglican Episcopal Church
Vescova della Diocesi Italiana dell’Anglican Free Communion International